Un'evoluzione dell'immersione in apnea è rappresentata dall'impiego di autorespiratori ad aria, grazie ai quali il subacqueo può aumentare sia la profondità sia la durata della permanenza in acqua. Esistono pericoli per la salute anche in questo tipo di immersioni; essi sono tuttavia minori rispetto a quelli dell'immersione in apnea, purché vengano rispettate precise norme nelle varie fasi dell'immersione. I problemi derivanti dalla diminuzione della temperatura dell'acqua e dall'aumento della pressione a livello timpanico sono gli stessi che si presentano per l'apneista. L'impiego di mute permette di migliorare la termoregolazione e, per quanto riguarda la seconda evenienza, la maggiore disponibilità di aria e, conseguentemente, la possibilità di aumentare il tempo di immersione consentono di attuare in maniera più agevole le manovre per la compensazione descritte in precedenza. Il subacqueo, grazie ai dispositivi che caratterizzano gli autorespiratori ad aria, respira aria erogata a pressione ambiente. Vengono quindi a mancare le problematiche relative alle modificazioni degli scambi gassosi di O₂ e CO₂ che attengono all'apneista. Se da un lato il poter respirare aria a volontà anche sott'acqua consente di compiere attività (lavorative o ricreative) pure in un ambiente che non è quello abituale, dall'altro questo stesso vantaggio può determinare gravi problemi a colui che se ne avvale. Infatti per la legge di Henry i gas che compongono l'aria respirata vengono assorbiti dall'organismo in base alla differenza di pressione parziale che esiste nella miscela gassosa alveolare, da un lato, e nel sangue del capillare polmonare, dall'altro, nonché nel sangue dei capillari periferici e nei diversi tessuti dell'organismo. L'azoto, gas metabolicamente inerte, vale a dire che non viene utilizzato dall'organismo, è presente nell'aria in quantità considerevole, pari a circa il 79% del volume dell'aria. A mano a mano che la pressione aumenta, esso si scioglie nel sangue e nei tessuti in misura notevole con un andamento esponenziale verso la saturazione. In seguito, nel momento della risalita, vale a dire quando l'organismo viene decompresso e la pressione ambientale diminuisce, l'azoto tende a liberarsi ritornando in forma gassosa.
Se la riduzione della pressione non è graduale e regolamentata in maniera corretta, si formano bolle di azoto nei tessuti e nel sangue; queste possono confluire andando a formare bolle di dimensioni sempre maggiori che possono arrestarsi a livello dei capillari polmonari da dove cedono gradatamente azoto agli alveoli. Quando sono troppo numerose, rappresentano un ostacolo emodinamico con segni di insufficienza respiratoria e circolatoria. Le piccole bolle che giungono nel versante arterioso della circolazione determinano fenomeni ischemici soprattutto a carico del sistema nervoso (paraparesi, paraplegie, emiparesi, alterazioni funzionali degli sfinteri, compromissione della coscienza), dell'apparato locomotore (dolori ai muscoli e alle articolazioni accompagnati da sintomi generali anche gravi), del polmone (tosse, senso di oppressione respiratoria, fino all'insufficienza respiratoria), della cute (ecchimosi o macchie diverse e formazione di bolle nel tessuto sottocutaneo con prurito) e del sistema linfatico (localizzazione rara, dolore e gonfiore di gruppi di linfonodi con linfedema). Al fine di prevenire le insorgenze patologiche (malattia da decompressione), è necessario che il subacqueo rispetti determinate regole nell'esecuzione della sua immersione soprattutto per quanto concerne la risalita. Questa deve avvenire a una velocità non superiore ai 10 m/s. Secondo una regola empirica, non bisogna risalire più velocemente delle bolle d'aria emesse con l'aria espirata.
Per talune immersioni, caratterizzate da una permanenza a una data profondità (comunque non superiore ai 50 m) per un tempo non superiore a un preciso limite in rapporto alla profondità (curva di sicurezza), non è necessario effettuare soste di decompressione, anche se è buona norma osservare sempre una sosta di tre minuti a 5 m di profondità prima di risalire in superficie.
Per il calcolo dell'autonomia del gruppo ARA (bombola) ,dato che, all'aumento della profondità, aumenta anche la quantità di aria respirata dal subacqueo, e assumendo che si consumano circa 20 litri di aria al minuto durante una normale attività, il consumo di aria è pari a
Consumo litri= 20 (Litri/Min) * Tempo * Pressione Ambiente
quindi es.
10minuti a 20 mt si consumeranno 600lt
(20lt/min) * (10min) * (3 atm)
Per altre immersioni, caratterizzate da un rapporto tempo/profondità che esce dai confini della curva di sicurezza, sarà obbligatorio effettuare delle soste di decompressione a diverse profondità (in genere a 6 e a 3 m) per tempi ben precisi prima di risalire (tappe di decompressione). Queste regole sono contenute nelle tabelle di decompressione ideate per la prima volta da P. Bert e J.S. Haldane, poi rielaborate dagli esperti della marina militare americana (US Navy standard air tables) e in seguito (restrittivamente) da A.A. Bülmann. Qualora un subacqueo andasse incontro a malattia da decompressione, è di fondamentale importanza trasportarlo il più velocemente possibile in un centro iperbarico, specializzato nella terapia di questa tipologia di incidenti, possibilmente somministrandogli ossigeno. Sotto stretto controllo medico il paziente verrà ricompresso artificialmente in camera di decompressione al fine di sciogliere le bolle di azoto; successivamente e gradualmente verrà decompresso fino a livello atmosferico. In genere questo tipo di trattamento, associato in vario modo all'ossigenoterapia, si è rivelato estremamente utile nel trattamento dell'embolia gassosa; tuttavia, non sempre gli esiti coincidono con la guarigione completa, soprattutto nei casi di più grave entità. A pressioni elevate possono inoltre manifestarsi altri disturbi, come stato di euforia, ebbrezza, lentezza dei riflessi fino alla perdita di coscienza.
Tali fenomeni, detti narcosi d'azoto o ebbrezza di profondità, scompaiono non appena viene iniziata la risalita, ma si aggravano se viene protratta la permanenza o aumentata la profondità. Sono causati dall'aumento della pressione parziale di azoto che legandosi con l'ossigeno forma il protossido d'azoto, un gas anestetico. Anche l'ossigeno, qualora la sua pressione parziale si elevi al di sopra di un livello soglia (1,5 bar), diviene tossico per i tessuti. Questo limita la possibilità di immersione con autorespiratori ad aria alla profondità di 80 m. Nel caso in cui durante la risalita il subacqueo per le più disparate cause (broncospasmo, brusca erogazione di gas ad alta pressione, esecuzione di una manovra di Valsalva ecc.) ometta di respirare in modo regolare e continuo, si può verificare un brusco aumento del volume di aria intrapolmonare con conseguente aumento della pressione da questa esercitata. Avviene così una sovradistensione polmonare con possibile rottura degli alveoli polmonari e comparsa di fenomeni di embolia gassosa e pneumotorace.