L'aria compressa può essere:
inviata dalla superficie tramite pompe apposite (come nel caso dei palombari);
trasportata in apposite bombole direttamente dal subacqueo.
Nel secondo caso il gas non può essere semplicemente immesso in bombole ad una pressione pari a quella a cui sarà necessario utilizzarlo, in quanto la modesta capacità nominale del contenitore (ad esempio 15 litri) permetterebbe solo due o forse 3 inspirazioni prima di esaurirsi; viene quindi ulteriormente compresso anche ad oltre 200 atmosfere (200 bar, 200 volte la pressione misurata in superficie marina, 100 volte maggiore della pressione di uno pneumatico automobilistico) in modo da condensare in pari spazio molto più gas e permettere quindi una più lunga durata dell'immersione.
Aumentare la pressione nella bombola (subacquea) però non permette di respirare direttamente da essa, dato che la pressione troppo alta sarebbe devastante per i nostri delicati polmoni; occorre quindi ridurla in uscita per portarla a parità di quella ambientale, che nel caso di immersioni subacquee è variabile a seconda della profondità, cioè di quella a cui ci si trova.
In acqua infatti ogni 10 metri di profondità corrispondono ad un aumento di circa 1 bar di pressione; questo significa che se in superficie la pressione barometrica di riferimento è 1 bar (ed è la massima, quella a cui il corpo umano si è evoluto per lavorare), questa aumenta ogni 10 metri discesi in profondità nell'acqua, comprimendo i polmoni del subacqueo come se fossero un palloncino (secondo la legge di Boyle).
Ricapitolando: se in superficie, a profondità zero, la pressione che circonda il subacqueo è 1 bar, a 10 metri questa è 1 (atmosferica) +1 (acqua) = 2 bar. Allo stesso modo a 30 metri sarà di 4 bar totali, e così via. Da rilevare quindi che ai 10 metri di profondità suddetti la pressione sarà: di 1 bar relativa e di 2 bar assoluta.
Il subacqueo ha quindi necessità per respirare di ricevere dall'erogatore aria alla stessa pressione dell'ambiente che lo circonda (cioè della profondità a cui si trova).
La bombola non ha la possibilità di modulare l'alta pressione dell'aria contenuta in uscita, ed anzi tenderà durante il proprio svuotamento a ridurre la propria. Serve quindi un apparato che adatti l'alta pressione interna del gas contenuto a quella di bassa pressione che permette al subacqueo di respirare ed a questo serve l'erogatore, che si compone normalmente di due diverse parti chiamate "primo stadio" e "secondo stadio" collegati tra loro da una frusta a bassa pressione (esistono erogatori a singolo stadio, i cosiddetti "monostadio", ma sono ormai superati, in quanto non permettono una regolazione fine della pressione e quindi una respirazione più confortevole senza il minimo sforzo).
Il "primo stadio" è collegato direttamente alla rubinetteria della bombola, e provvede ad abbassare l'alta pressione del gas da 200/300 atmosfere (o la pressione eventualmente inferiore presente in bombola) ad una cosiddetta "bassa pressione" (7-10 bar) che è però sempre superiore alla pressione ambiente corrispondente della profondità in cui ci si trova. Tornando all'esempio di prima a 10 metri di profondità la bassa pressione fornita dal primo stadio sarà quindi di 1 bar (superficie) + 1 bar (10 metri) + i 7/10 bar che pervengono dal primo stadio.
Il primo stadio può essere a pistone o a membrana, in funzione del tipo di progetto e costruzione dello stesso. Nel primo caso all'interno di esso si trova per l'appunto un pistone che in contatto con l'acqua circostante riceve la pressione ambiente e invia al secondo stadio la relativa bassa pressione. Nel primo a stadio a membrana vi è invece una membrana di gomma che separa dall'acqua i meccanismi interni trasmettendo a questi la pressione ambiente (questo secondo tipo viene impiegato maggiormente in acque inquinate o con basse temperature, in quanto i meccanismi interni sono protetti dalla membrana di gomma).
Il gas, che verrà portato verso il subacqueo tramite "fruste" (speciali tubi resistenti alla pressione), passa poi nel secondo stadio; il subacqueo infatti non può respirare aria che non sia alla stessa pressione dell'ambiente che lo circonda.
Nella figura lo stesso primo stadio con attacco INT a sx e attacco DIN a dx
Primo stadio bilanciato a pistone
Un primo stadio “bilanciato a pistone” è essenzialmente costituito da due camere interne ricavate nel massiccio corpo metallico. La prima camera è in diretta comunicazione con il gas proveniente dalla bombola, e viene chiamata per questo motivo “camera di alta pressione”; la seconda è invece detta “camera intermedia”. Da questa camera viene direttamente prelevato il gas durante l’inspirazione tramite una frusta di bassa pressione, LP, collegata dall’altro lato al secondo stadio. Le due camere sono messe in comunicazione tramite il gambo cavo di un pistone mobile in acciaio, che è utilizzato come condotto di passaggio del gas dalla camera di alta pressione a quella intermedia, quando il subacqueo aspira.
In situazione di riposo, (nessuna aspirazione) il gambo del pistone poggia su una apposita pasticca nella camera di alta pressione, chiudendo il flusso di gas.
Ciò avviene perché la pressione intermedia prevale sulla pressione che spinge il pistone in apertura, malgrado la pressione nella “camera alta” sia quella della bombola. Questo è il primo dei segreti del primo stadio bilanciato: il movimento del pistone è pressoché insensibile alla pressione della bombola. Ciò accade per una semplice ragione: la pressione viene esercitata ortogonalmente al gambo, e quindi non ha componenti assiali che possono in qualche modo contribuire al movimento del pistone.
Primo stadio bilanciato a membrana
Il regolatore bilanciato a membrana mostrato in figura funziona sullo stesso principio del regolatore a pistone, dal quale si differenzia per la presenza di una membrana che isola completamente la camera intermedia dalla molla che fornisce la spinta di taratura
Ciò consente a tutte le parti interne del primo stadio di rimanere isolate dall’acqua circostante. Anche nel primo stadio a membrana troviamo quindi una camera di alta pressione e una a pressione intermedia, messe in comunicazione tra di loro tramite una cosiddetta valvola di bilanciamento, un sottile condotto all’interno del quale scorre il sottile gambo di un pistoncino, il cui piede poggia sul lato interno della membrana. Il gambo del pistoncino si estende, attraversando la valvola, all’interno della camera di alta pressione, ed è mantenuto in battuta contro la valvola di bilanciamento da una ulteriore piccola molla di bilanciamento, che impedisce l’afflusso di aria verso la camera intermedia, (a sinistra in figura).
Quando si inspira, diminuisce la pressione all’interno della camera intermedia, la membrana si flette verso la camera di alta pressione, visto che adesso la spinta della molla e la pressione ambiente prevalgono, ed il pistoncino viene spostato nella stessa direzione, vincendo la resistenza della piccola molla di bilanciamento, (a destra in figura). Ciò permette al gas della camera di alta pressione di transitare verso la camera intermedia e da qui verso il secondo stadio, per tutta la durata della inspirazione. Non appena l’inspirazione cessa, la pressione nella camera intermedia torna ad aumentare e la membrana si sposta indietro, trascinando il pistoncino e causando nuovamente la chiusura della valvola di bilanciamento. Anche in questo caso abbiamo a che fare con un erogatore bilanciato, in quanto il gas ad alta pressione, viste le caratteristiche costruttive della camera di alta pressione, non agisce perpendicolarmente al pistoncino, che quindi non ne risulta influenzato. Le prestazioni non dipendono quindi dalla pressione della bombola.
Inoltre, la pressione intermedia dipende solo della costante elastica della molla e dalla pressione ambiente, e pertanto lo sforzo di erogazione si mantiene pressoché costante al variare della profondità. Grazie alla membrana, la parte interna del primo stadio resta perfettamente isolata dall’acqua, riducendo l’usura delle parti interne, e scongiurando qualunque rischio di corrosione o contaminazione, o addirittura di blocco in caso di immersioni in acque particolarmente cariche di sospensione o fortemente calcaree. Tale rischio viene comunque limitato, nell’erogatore a pistone, impiegando materiali speciali e di resistenza adeguata nel realizzare le parti a contatto con l’acqua.
Pistone o membrana?
Esiste dunque un vincitore tra i due tipi di primi stadi? Probabilmente no. Gli stadi a pistone sono da preferire quando l’elemento più importante è l’affidabilità, mentre quelli a membrana quando gli elementi più importanti sono la precisione di funzionamento e l’utilizzo in acque con forte sospensione.
Di seguito l’elenco delle principali caratteristiche di un primo stadio:
tipologia: a membrana o a pistone
materiali utilizzati per il corpo esterno e per i principali accessori interni
ossigeno-compatibilità
numero e posizione delle uscite di alta pressione
numero e posizione delle uscite di bassa pressione
tipo di attacco; INT oppure DIN
pressione di esercizio e pressione intermedia, in bar
quantità di aria erogata, in litri al minuto
peso
Dovremo garantirci la presenza di almeno 4 uscite di bassa pressione (LP) e due di alta pressione (HP). Esse dovrebbero essere raggruppate in modo che almeno due LP e una HP siano vicine tra di loro, in modo che le fruste ad esse connesse fuoriescono tutte nella stessa direzione e con un piccolo angolo di divergenza tra di loro. Questo consente di raggrupparle adeguatamente al fine di ridurre l’ingombro e l’intralcio, e di agevolare il raggiungimento della rubinetteria della bombola per chiusure di emergenza. Nella configurazione con bi-bombola questo aspetto è particolarmente importante, così come l’esigenza di mantenere le fruste ordinate e tutte al di sotto della rubinetteria, evitando occhielli e giri strani. L’attacco è preferibile che sia a 300 bar, il che permette di utilizzare l’erogatore con qualunque tipo di bombole.
I primi stadi iper-bilanciati
Esistono primi stadi cosiddetti iper-bilanciati, nei quali la pressione intermedia tende ad aumentare quando la pressione della bombola diminuisce, al fine di scongiurare più possibile un aumento dello sforzo inspiratorio a profondità elevate, e con bombola scarica. Anche la quantità di aria erogata è una importante misura di prestazioni di un primo stadio. Essa indica il volume di aria che il primo stadio riesce a fornire nell’unità di tempo. Naturalmente più questo valore è grande e meglio è, tuttavia nella stragrande maggioranza dei casi la quantità di aria erogata da un primo stadio supera la possibile richiesta di un sub in immersione, anche in caso di un respiro affannoso. In ogni caso un primo stadio capace di fornire una maggiore quantità di gas è naturalmente da preferire. Generalmente essa è misurata con una pressione di alimentazione di 180 bar, comunque non inferiore a 150 bar. Un buon primo stadio è in grado di fornire 3.000 litri al minuto, oltre i 4.000 litri abbiamo un ottimo primo stadio. La quantità di gas erogato è generalmente superiore per i primi stadi a membrana rispetto al pistone.
Interviene quindi il "secondo stadio" che abbassa e modula la pressione del gas adattandola a quella ambientale, misurata tramite membrane e leveraggi al suo interno.
Il secondo stadio è la parte terminale dell'erogatore, quella che si vede trattenuta dalla bocca del subacqueo e che a semplice depressione della sua uscita (che corrisponde al tentativo di respirazione del suo utilizzatore) eroga aria (o miscele diverse) alla stessa pressione ambiente della profondità in cui il sub si trova, misurata dai componenti di cui è costruito: è una specie di barometro collegato ad una serie di valvole riduttrici della pressione. Il funzionamento è semplice ed automatico e nei moderni erogatori, grazie a particolari accorgimenti (quali tubi di Venturi, membrane sovradimensionate ecc.) permette al subacqueo di respirare a qualsiasi profondità in sicurezza e senza il minimo sforzo polmonare.